Piemonte terzo, tra le regioni del Nord, dopo
Veneto (87%) e Lombardia (86%). Non sono percentuali di cui andar fieri, visto che
non sono i numeri della crescita dell’economia locale, bensì quelli delle
aziende trovate irregolari al termine dell’operazione "Marco Polo",
conclusa il 18 novembre scorso.
L’azione
di vigilanza, finalizzata a reprimere i gravi fenomeni di occupazione abusiva
di cittadini di nazionalità cinese nel nostro Paese, ha coinvolto otto regioni
e 15 province. Tra queste il Piemonte, con la provincia di Torino; il Veneto, con
le province di Padova, Treviso e Venezia; la Lombardia, con le province di
Brescia e Milano. L’operazione, che segue quella omonima svoltasi nel maggio
2005, è stata un banco di verifica della nuova organizzazione delle azioni di
vigilanza e delle funzioni ispettive, che costituisce un corollario della
riforma del mercato del lavoro, la riforma Biagi.
Aumentare
i tassi di occupazione regolare e accrescere la qualità del lavoro. Questi gli
obiettivi della riforma, obiettivi che sono perseguiti offrendo alle imprese
norme più adattabili alle diverse realtà produttive e alle diverse combinazioni
d’impresa. Non solo. Questi obiettivi sono perseguiti anche attraverso
strumenti repressivi e sanzionatori, diretti a intaccare una delle economie
sommerse più fiorenti tra i Paesi industrializzati. È in quest’ottica che i
responsabili delle Direzioni regionali del lavoro hanno coordinato l’Operazione
"Marco Polo" 2, cui hanno partecipato sia il comando dei Carabinieri,
sia le Direzioni provinciali del lavoro sia Inps che Inail. Lo sforzo ha
consentito di ispezionare, nelle tre regioni indicate, 182 aziende del settore
del commercio, della ristorazione, del manifatturiero e del tessile. Tra
queste, molte sono risultate irregolari con punte anche superiori alla media
nazionale in Lombardia e Veneto. In particolare, nel settore tessile, le aziende
ispezionate sono risultate irregolari nella misura del 97% in Veneto. Ossia, la
quasi totalità delle attività controllate. Anche l’esito di queste ispezioni in
relazione alla regolare situazione dei lavoratori coinvolti è ben chiaro dando
un ulteriore sguardo ai numeri. I lavoratori irregolari sono risultati poco
meno della metà in Veneto (47%), poco più di un terzo in Piemonte (36%) e circa
due terzi in Lombardia (65%).
I
dati devono sicuramente consentire al sistema economico di queste regioni
di riflettere sull’opportunità di continuare a violare del regole del corretto
competere. Gli strumenti per consentire alle imprese di agire nella legalità
sono stati predisposti. Quelli per eseguire efficaci azioni repressive pure. Le
scuse sono finite. In presenza di accertamenti che hanno condotto - fino ad
ora, si aspetta ancora un aggiornamento definitivo
dei dati - a sanzioni pari a circa 192mila euro e di un recupero di contributi
e premi pari a circa 830mila euro, possono sicuramente essere fieri i
partecipanti all’azione. Certamente l’esito dell’intervento ispettivo potrà
anche aiutare le aziende che rispettano le regole del mercato a non vedersi
sopraffare da competitori scorretti.
A
questo punto, può dirsi che un primo superficiale esame della riforma dei servizi
ispettivi sembra positivo. Positivo nell’aumento del tasso di certezza del
diritto del lavoro attraverso lo strumento dell’interpello. Positivo attraverso
il coordinato agire degli organi di vigilanza. Attendiamo ora che siano
operativi, sul territorio nazionale, le 700 nuove leve chiamate con concorso lo
scorso anno affinché sia ulteriormente potenziata, attraverso una nuova cultura
degli organi ispettivi, l’azione di prevenzione e promozione del rispetto delle
norme così come la repressione degli illeciti.
Luigi Degan