lunedì 4 giugno 2012

Il 36% dei cinesi irregolare nel tessile


Piemonte terzo, tra le regioni del Nord, dopo Veneto (87%) e Lombardia (86%). Non sono percentuali di cui andar fieri, visto che non sono i numeri della crescita dell’economia locale, bensì quelli delle aziende trovate irregolari al termine dell’operazione "Marco Polo", conclusa il 18 novembre scorso.
L’azione di vigilanza, finalizzata a reprimere i gravi fenomeni di occupazione abusiva di cittadini di nazionalità cinese nel nostro Paese, ha coinvolto otto regioni e 15 province. Tra queste il Piemonte, con la provincia di Torino; il Veneto, con le province di Padova, Treviso e Venezia; la Lombardia, con le province di Brescia e Milano. L’operazione, che segue quella omonima svoltasi nel maggio 2005, è stata un banco di verifica della nuova organizzazione delle azioni di vigilanza e delle funzioni ispettive, che costituisce un corollario della riforma del mercato del lavoro, la riforma Biagi.
Aumentare i tassi di occupazione regolare e accrescere la qualità del lavoro. Questi gli obiettivi della riforma, obiettivi che sono perseguiti offrendo alle imprese norme più adattabili alle diverse realtà produttive e alle diverse combinazioni d’impresa. Non solo. Questi obiettivi sono perseguiti anche attraverso strumenti repressivi e sanzionatori, diretti a intaccare una delle economie sommerse più fiorenti tra i Paesi industrializzati. È in quest’ottica che i responsabili delle Direzioni regionali del lavoro hanno coordinato l’Operazione "Marco Polo" 2, cui hanno partecipato sia il comando dei Carabinieri, sia le Direzioni provinciali del lavoro sia Inps che Inail. Lo sforzo ha consentito di ispezionare, nelle tre regioni indicate, 182 aziende del settore del commercio, della ristorazione, del manifatturiero e del tessile. Tra queste, molte sono risultate irregolari con punte anche superiori alla media nazionale in Lombardia e Veneto. In particolare, nel settore tessile, le aziende ispezionate sono risultate irregolari nella misura del 97% in Veneto. Ossia, la quasi totalità delle attività controllate. Anche l’esito di queste ispezioni in relazione alla regolare situazione dei lavoratori coinvolti è ben chiaro dando un ulteriore sguardo ai numeri. I lavoratori irregolari sono risultati poco meno della metà in Veneto (47%), poco più di un terzo in Piemonte (36%) e circa due terzi in Lombardia (65%).
I dati devono sicuramente consentire al sistema economico di queste regioni di riflettere sull’opportunità di continuare a violare del regole del corretto competere. Gli strumenti per consentire alle imprese di agire nella legalità sono stati predisposti. Quelli per eseguire efficaci azioni repressive pure. Le scuse sono finite. In presenza di accertamenti che hanno condotto - fino ad ora, si aspetta ancora un aggiornamento definitivo dei dati - a sanzioni pari a circa 192mila euro e di un recupero di contributi e premi pari a circa 830mila euro, possono sicuramente essere fieri i partecipanti all’azione. Certamente l’esito dell’intervento ispettivo potrà anche aiutare le aziende che rispettano le regole del mercato a non vedersi sopraffare da competitori scorretti.
A questo punto, può dirsi che un primo superficiale esame della riforma dei servizi ispettivi sembra positivo. Positivo nell’aumento del tasso di certezza del diritto del lavoro attraverso lo strumento dell’interpello. Positivo attraverso il coordinato agire degli organi di vigilanza. Attendiamo ora che siano operativi, sul territorio nazionale, le 700 nuove leve chiamate con concorso lo scorso anno affinché sia ulteriormente potenziata, attraverso una nuova cultura degli organi ispettivi, l’azione di prevenzione e promozione del rispetto delle norme così come la repressione degli illeciti.

Luigi Degan

venerdì 1 giugno 2012

Perché i cervelli fuggono


Luigi Degan

La scorsa settimana, l’Università dell’Insubria di Varese ha presentato una ricerca condotta da 30 studenti del corso di laurea in Scienze della comunicazione. Un questionario sottoposto ai cittadini di Varese ha approfondito il loro rapporto con le istituzioni: 327 le persone interpellate, di età fra i 20 e gli 80 anni, sentite quasi tutte le categorie sociali (studenti, impiegati, disoccupati, pensionati, artigiani, liberi professionisti, imprenditori, casalinghe, operai, commercianti). Dall’indagine risulta che, nell’attuale fase di crisi economica, la politica ha perso non solo credibilità, ma anche capacità di intervento. I cittadini mal sopportano la pesantezza delle tasse (83%) senza ricevere in cambio servizi adeguati e propongono tagli ai costi della politica (89%) nonchè un tetto massimo di due legislature per i parlamentari (77%). L’80% degli interpellati non vede nel breve periodo alcuna ripresa.